L’Iran è la Persia, il cuore di uno degli imperi più grandi mai esistiti al mondo.
Vicino a Shiraz si trovano i resti di Persepolis, una delle antiche capitali dell’impero, e poco distante, i resti di Pasagradae, con la tomba di Ciro il grande.
I siti sono suggestivi e molto ben tenuti, ne consiglierei la visita quando le temperature non siano molto elevate, considerando anche l’obbligo del velo io ho sofferto terribilmente il caldo.
A Persepolis nel 1971 lo scià organizzò una mega manifestazione in stile holliwoodiano per celebrare i 2500 anni dell’impero persiano. Non credo che tutti gli inìraniani abbiano apprezzato quello sfarzo.
Abyaneh è un piccolo villaggio di montagna con le case che sembrano fatte di fango.
Gli abitanti vivono di turismo (gli iraniani viggiano molto seppure all’interno dei confini nazionali): indossano abiti tradizionali e non disdegnano di farsi fotografie, anche con una mancia.
La gente sempre molto espansiva, come dovunque in Iran, mi ha avvicinato e chiesto foto e si è offeta di ospitarmi a casa loro, o almeno che prendessi il loro numero per ogni problema anche a Teheran. Questo tratto tipico degli iraniani non lo ho trovato in nessuna parte al mondo: in Iran non sei mai sola!
Eravamo in pieno Ramadan e quando ho visto le persone mangiare un gelato in pieno giorno non ho resistito: ho pensato che non avrebbero fatto una retata, e che gli iranian lo sanno, evidentemente si ispirano alla legge per cui se sei un viaggiatore puoi mangiare anche di giorno durante il ramadan. Il gelato non era buono ma per me aveva il gusto prezioso della libertà.
“Varanasi è la stessa descritta da Ida, col Gange che ti affascina e ripugna nello stesso momento. Tutte le sere i sacerdoti celebrano il Ganga aarti, il più bello quello al Dasaswamedh Ghat, dove il rituale è seguito da migliaia di persone stipate sulla riva o nel fiume stesso, e i sacerdoti che sembrano rockstar.” (Il coraggio della felicità, pag. 157)
creta usa e gettapinocchio mi fa compagnia la notte in autobus
Il forte Amber, patrimonio unesco, si trova nei pressi di Jaipur.
Merita una visita tra i suoi cortili e la magia delle decorazioni dei palazzi.
Non commettete il mio stesso errore di lasciarvi per dopo la visita di qualche padiglione perché l’itinerario parte dall’inizio e porta direttamente all’uscita.
Io mi ero riservata alla fine la visita al palazzo degli specchi, ma mi sono trovata fuori e per rientrare ho dovuto litigare col capo degli uscieri che temeva che io volessi rifare tutta la visita mentre tutti gli altri lo rassicuravano del contrario. Alla fine l’ho spuntata io e all’uscita l’ho trovato per ringraziarlo e riconciliarmi con lui!
Per arrivarci si passa davanti al Jal Mahal, il palazzo galleggiante, perché sommerso per gran parte nelle acque del lago.
Jaipur è conosciuta come la città rosa del Rajastan per il colore caratteristico dei suoi palazzi.
Uno di questi è il palazzo dei venti, l’Hawa Mahal, la cui caratteristica è un innumerevole numero di finestre e finestrelle costruite in modo che da dentro si possa vedere cosa accade fuori, senza essere visti, così le donne del palazzo potevano essere informate sulla vita della città in maniera anonima. Nello stesso tempo queste finestre rendono possibile una corrente d’aria che rinfresca il palazzo.
Pare che l’ora migliore per visitarlo sia l’alba, ma io mi trovavo a Delhi che dista più di quattro ore da Agra, così siamo arrivati alle 8.
Ero in India da pochi giorni, non ero ancora assuefatta alla sporcizia, così la cosa che più mi ha colpito immediatamente è stato il degrado delle strade di Agra piene della solita immondizia che stride profondamente con la maestosa bellezza di questo mausoleo, candido e perfetto che all’imoprovviso ti compare davanti.
Il Taj Mahal dovrebbe essere il simbolo di una straorinaria storia d’amore essendo stato fatto erigere dall’imperatore per la sua moglie favorita, anche se la nostra guida, ad un certo punto, ha messo in dubbio quasta storia d’amore, ma noi ci vogliamo credere.
Sì, la guida che mi ha fatto praticamente un book fotografico e a cui non ho dato la mancia perché all’ingresso ci avevano detto di non dare mance alle guide che erano stipendiate, tuttavia ancora oggi me ne pento ed ho scritto una mail all’ufficio per rintracciarlo e ringraziarlo: le sue foto sono state apprezzate da tutti!
Ad Agra c’è un altro partimonio unesco, meno conosciuto: il forte rosso. Purtroppo il taj Mahal polarizza su di sé l’attenzione dei turisti che non sempre entrano anche nel forte. Noi non siamo entrati, per esempio, perché c’erano 45 gradi ed eravamo sfiniti!
lei ci ha accolto fuori dal taj mahalla moscheail primo impatto col sole accecantesosta per un the in una bancarellaparticolare del cenotafioparticolare del cenotafioil minaretola moscheail mio book foltograficoil mio book foltograficoil mio book foltograficoil mio book foltograficoartigiani moderni ripropongono oggetti in marmo costruiti con la tecnica usata nel taj mahall’immondizia è di serie, ma solo all’esternoil forte
A cinque anni dal mio giro del mondo, riprendo il blog da dove lo avevo lasciato: dopo il ricovero non ho più sistemato le foto e non le ho pubblicate.
Una giovane collega mi chiede informazioni su Istanbul e io vado a cercare tutti i supporti dove avevo conservato le foto, così ne pubblico alcune, cercando di completare il blog.
Chiedo scusa perché sono state scattate quasi tutte con la piccola macchinetta che mi aveva regalato Antonio Brandi, quindi hanno una risoluzione bassissima e, soprattutto, dopo due corsi di fotografia, una reflex, una mirrorless e un iphone 13 mi rendo conto che scattavo davvero foto pessime, ma…basta il pensiero!
Intanto google foto mi ricorda che cinque anni fa, a quest’ora, ero lì!
Ho alloggiato a Sultanahmet, passeggiavo nei dintorni di giorno e di notte, mi spuntava sempre da qualche parte la moschea blu
pronta per entrare nella moscheaHagia Sophia
Ho trovato un ristorantino, sì, turistico, era inevitabile in quel luogo, ma dove si mangiava bene, ho fatto amicizia col maitre tornandoci ogni giorno con un trattamento di favore. Per un paio di anni mi sono sentita via whatsap con loro poi, la vita…
Nella zona asiatica poi, su suggerimento di Denise la mia preziosa amica italo turca conosciuta in quei giorni (che mi ha anche aiutato cercare un laboratorio dove fare le analisi), ho mangiato le cozze fritte, non ho foto ma suggerisco vivamente di assaggiarle.
E non trascurate di assaggiare i dolcissimi dolci
La zona asiatica è molto viva e piena di giovani, mentre sultanhamet, come è inevitabile, è frequentata essenzialmente da turisti. Ho incontrato molte donne arabe, secondo i turchi con cui ho parlato è l’effetto Erdogan, unito alla paura che gli occidentali avevano degli attentati. Loro sono coperte come non ne ho vista nessuna in Iran, lì usano il chador, che pure non sopportavo, queste usano il niqab, sono irritata: non comprendo perché bisogna coprire ogni centimetro del proprio corpo con un caldo asfissiante e trovo poco igienico mangiare avendo un velo che ti copre la bocca, come ho visto fare al ristorante.
la risoluzione è minima, ma credo che la foto sia significativa
Ovviamente non si può tralasciare una visita al bazar
Una gita sul Bosforo mostra la bellezza della città da un’altra prospettiva
moschea di Ortaköyil ponte sul BosforoScuola superiore militare di Kuleliil corno d’oro visto dall’altoPalazzo di Dolmabahçe
sul Bosforo si affacciava anche la discoteca Reina, luogo della strage di capodanno 2017, così si presentava ai nostri occhi dopo l’abbattimento
il Palazzo di Dolmabahçe è una meraviglia per gli occhi, all’interno e all’esterno
come pure il celeberrimo Topkapi
ovviamente, nel museo, ho cercato i reperti degli scavi di Troia, dopo una vita di studio e traduzioni
una cosa bellissima di Istanbul sono gli animali in giro che non chiamerei randagi perché sono accuditi da tutta la città, soprattutto i gatti che spuntano, sani e sazi, da ogni dove, anche dentro Hagia Sophia
la gatta di santa Sofia
Ma chi mi ha seguito nel viaggio o ha letto il libro sa che l’aspetto più importante per me è conoscere le persone
mi sono innamorata di questa bambinacome vengono riparati i bellissimi tappeti
dalle mie chiacchierate con i turchi ho capito una cosa: Erdogan o si odia o si ama, non ho trovato alcuna via di mezzo.
Qui ero entrata per un gelato ma il ragazzo del bar mi ha fatto stare un paio d’ore a parlare di politica dall’impero romano in poi! Non parlo di politica estera, non ne so abbastanza, ed è già così difficile parlare di politica nazionale, ma vorrei tornare in un qualche luogo sconosciuto del mondo a parlare con gente incontrata per caso di qualunque cosa mi possa far tornare quel sorriso!