3/131 Armento

Erano gli anni ’80 quando ci svegliammo petrolieri.

Immaginavamo già il nostro riscatto: Cristo si fermerà ad Eboli sì, ma salendo verso la Milano da bere, noi ce la saremmo bevuta in un sorso!

Basta con le cattedrali nel deserto, simulacri inerti dopo 50 anni di ruberie legalizzate dalla cassa del mezzogiorno!

Saremo noi il motore dell’Italia, dovrete comprarlo da noi il petrolio se vorrete continuare a far funzionare le vostre fabbriche.

Scoprimmo ben presto che queste cattedrali, più grandi delle altre, più imponenti e più efficienti, non solo si ergevano nel deserto ma lo creavano intorno: deserto di luoghi e di persone.

Armento fa parte del comprensorio di paesi che ruotano attorno ad uno dei centri oli della regione.

Non ero mai stata in questo piccolissimo paese e per arrivarci ho costretto Tiziana a fare una strada alternativa, quella che passa per le dolomiti lucane, sicuramente più bella. Peccato che nella regione che dà petrolio e gas all’Italia, le strade siano rimaste strette e sconnesse e anche i navigatori si perdono, così, dopo due ore di guida, incontrati solo cani capre e galline ed una contadina che ci chiedeva dove andassimo, mi sono trovata praticamente dentro Tempa Rossa, il centro oli Total.

Nemmeno dopo aver lasciato il centro, il gps è stato collaborativo, la gente aspettava e noi vagavamo per le strade della val d’Agri esauste, mentre l’ottima Francesca che aveva organizzato la serata continuava a telefonare chiedendo dove fossimo (a saperlo!).

Quando, non si sa come, vista la nostra imbranataggine, arriviamo sotto al paese, lo spettacolo straordinario del parco nazionale dell’ appennino lucano Val d’agri ci rinfranca della stanchezza, della strada persa, del petrolio, e delle strade improponibili: una montagna verde che nasconde l’abitato (mentre noi ancora ci chiediamo se esista!).

Facciamo solo in tempo a vederne il panorama parcheggiando in piazza, che Francesca ci porta nel palazzo Ambrosini, la dimora storica allestita per l’evento.

Iniziata la presentazione la stanchezza svanisce grazie alle belle persone intervenute, a Francesca Colantonio e Antonella Simone, che hanno scelto di vivere in questo minuscolo borgo, pur non essendoci nate e caparbiamente hanno creato l’associazione ADA che riunisce le donne armentesi, molte di loro presenti con vivo interesse all’evento.

La sindaca Maria Felicia Bello, mi ha accolto con gioia nel suo paese che tornerò senz’altro a visitare con calma e soprattutto non sbagliando strada, prendendomi il tempo necessario per conoscere e fotografare gli aspetti più caratteristici.

Mi piace l’idea di essere stata accolta da donne nel paese delle sorelle Tortorelli, arrivate piene di speranza nell’America che ha bruciato i loro sogni nel rogo più devastante che una fabbrica di New York abbia mai conosciuto.

Oggi le donne che restano qui non sono più quelle che firmano con la croce e chinano il capo, sono donne forti, energiche, colte e determinate: in loro è riposta la speranza di futuro dei borghi più piccoli della Basilicata.

Finita la serata ricomincia l’odissea: siamo riuscite a sbagliare strada anche al ritorno, davvero siamo due autiste incapaci!

Se avessimo preso un freccia rossa saremmo certamente arrivate a Milano nello stesso tempo.

Meno male che non ce l’abbiamo, il freccia rossa!

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2/131 Ripacandida

18 agosto 2023

vista dal terrazo del Comune

Ci spostiamo in provincia di Potenza per la seconda presentazione.

Con me, insostituibile, Tiziana, la prova vivente dell’esistenza dell’amicizia per sempre.

Sembriamo don Chisciotte e Sancho Panza nel nostro girovagare per le strade della Lucania con la mia macchinina a prova di superstrade e mulattiere.

Sempre sua è la mano che pazientemente regge il libro mentre io cerco l’angolazione giusta per le foto: svelato l’arcano!

Il sindaco Michele Donato Chiarito ci accoglie nella splendida sede del Comune che è un palazzo antico, dove nel secolo scorso dimoravano le suore carmelitane scalze: mi piace immaginarle, velate, aggirarsi tra le celle, il giardino, il salone di questo vetusto palazzo, o godere, non viste, della vista del paese col monte Vulture sullo sfondo mentre stendono i panni sul trerrazzo.

Ormai con i conventi svuotati queste immagini desuete sono ricordi melliflui di chi, come me, si avvia verso la terza età, mentre gli spazi, vivaddio, vengono reinventati e ripopolati.

Il palazzo sede del Comune

La presentazione animata da Antonio Petrino diventa briosa grazie alla vivacità delle donne dell’associazione acli “i fiori del Vulture” e all’invito appassionato delle campane della contigua chiesa di San Giuseppe che pare ci ricordino che siamo solo ospiti in questo luogo un tempo sacro, nel quale transitò, pare, persino San Gerardo.

Ci addentriamo poi nelle vie del centro storico di questo borgo tra stradine e angoli caratteristici

e scopriamo che anche Ripacandida ha il suo cittadino illustre, ricordato con una lapide: la madre del premio nobel della fisica William Philips. Lui nacque negli Stati Uniti nel 1948, evidentemente la madre vi emigrò in tempi ormai lontani: sarebbe interessante conoscere qualcosa in più di questa donna, indagare i suoi pensieri, la fatica di ricominciare dall’altro capo del mondo quando l’America era esattamente questo, lei sì viaggiatrice vera con valigie di cartone piene di niente e vuote di tutto, pesanti di sogni e di speranze.

Dal paese si scorge, suggestivo, il convento di San Donato

In tutte le famiglie ripacandidesi c’è almeno un componente che porta il nome di Donato, il santo nato ad Arezzo e patrono di Ripacandida festeggiato con tutti i crismi il 7 agosto mentre il santo protettore è Donatello, nato a Ripacandida e, forse, sepolto nella chiesa, anche lui festeggiato ad agosto, il 17.

Andiamo via di sera con l’ultimo sguardo al paese.

Lasciamo questa “riva bianca” con la promessa fatta a Teresa e alle altre signore dei fiori del Vulture di tornare, salutiamo per ora il Vulture che incontriamo maestoso sulla via del ritorno

1/131 Cirigliano

9 agosto 2023

L’avventura del giro del mondo in Basilicata inizia dal più piccolo paese della provincia di Matera.

286 abitanti, che d’estate diventano forse 2000, perché noi, in Basilicata, siamo tanto affezionati all’emigrazione quanto gli emigrati sono affezionati alle loro radici, così da tornare al paese almeno una volta l’anno.

E chi resta, come tutti noi lucani, si inorgoglisce nel mostrare gli emigrati illustri: a Cirigliano è nato il nonno del fondatore dell’alfa Romeo, esiste ancora il suo palazzo; un po’ di Cirigliano è orgogliosamente nelle alfette e giuliette che sgominavano bande di criminali per tutto lo stivale. Onore al merito a chi ce l’ha fatta partendo dal paese più piccolo della provincia secondaria (la vergogna d’Italia) di una regione inesistente.

Tanto più onore a chi è rimasto e vedendo spopolare ogni giorno di più il suo paese, perdendo pezzi di esistenza e di sussistenza, ha adattato la propria vita ai ritmi lenti e ai silenzi maestosi della natura.

Come Giovanni che mi conosce per caso nel bar e mi offre l’aperitivo (perché noi al sud facciamo così: non esiste che entri in un bar e chi è dentro non ti offra qualcosa!) ma è in abiti da lavoro, quindi si cambia e arriva più tardi alla presentazione.

Lui qui ci è rimasto, cavando pietre, lavorandole, rendendole opere d’arte.

Cirigliano è un gioiello di pietra. Strade e case e chiese sono costruite con la pietra autoctona che mani sapienti continuano a lavorare e menti vivaci ad esportare.

esempio di lavori eseguiti con la pietra di Cirigliano (http://www.lauria.it/)

Di pietra sono tutte le case e le chiese e le strade, e anche il castello, con la sua torre ellittica, unica nel suo genere, come mi spiega orgogliosamente il sindaco, Franco Galuzzi.

La torre ellittica (foto Salvatore Urgo)

Una pietra particolarissima, poi, è il masso scavato per ricavarne una chiesetta. Si racconta che un brigante pentito, stabilitosi qui, abbia scavato personalmente quella roccia per devozione alla madonna. E sono davvero suggestive sia la storia, sia la cappella in sé che non è altro che un enorme macigno e solo l’occhio attento vi scorge la cappella all’interno.

la Madonna della grotta

L’accoglienza degli abitanti di Cirigliano è inversamente proporzionale alle dimensioni del paese.

Provate a fare una passeggiata nel bosco di Montepiano (lo stesso dal quale gli accetturesi prendono il cerro per la festa del maggio, ma di questo parleremo altrove), troverete il mitico Salvatore pronto ad accogliervi nel parco avventura, e a farvi da cicerone per tutto il paese!

Con Salvatore Urgo in escursione
con il cai nel bosco di Montepiano

Insieme al sindaco, Salvatore ha anche organizzato la presentazione, affidata all’unico laureato in lettere di Cirigliano, Francesco, un ragazzo di una cultura raffinata e una gentilezza di altri tempi che vive a Modena e, come tutti, rientra a “casa” d’estate.

la presentazione del libro con Francesco Villone

La serata piacevolissima passa tra chiacchierate, domande, letture, un momento veramente interessante e stimolante con persone cordiali e motivate all’ascolto.

Vado via col desiderio di tornare in questo fiore di pietra al limitare del bosco, sognato, sperduto e lontano, come nelle fiabe più belle.

Foto dal sito de comune

da Abriola a Viggiano: 131 presentazioni

Ho sempre immaginato di presentare “il coraggio della felicità”, il mio libro in cui parlo del mio giro del mondo e di quello di Ida, in tutti i comuni lucani.

Sono stata all’altro capo del mondo, mi sembra doveroso conoscere, io per prima, e poi far conoscere al mondo, la terra in cui vivo.

Ho sempre vissuto in un luogo inesistente: la Basilicata, come il Molise, non esistevano. Oggi ci si scherza su, ma io davvero ricordo che ho dovuto spiegare sempre che la Basilicata è una regione italiana, quasi scusandomi della sua e mia esistenza, non scusandosi loro della loro ignorante arroganza.

Oggi le cose sono cambiate

Matera 2019 ci ha fatto conoscere al mondo; io ho conosciuto i sassi quando erano la vergogna d’Italia e oggi mi sento un po’ spaesata quando vedo centinaia di persone con accenti diversi che passeggiano per le strade che 40 anni fa erano appannaggio solo dei lucani.

Il dado è tratto: esistiamo!

La Basilicata esiste, ma noi che ci siamo rimasti siamo così pochi che quelli di noi sparsi per il mondo sono dieci volte di più ( quasi 6.000.000 fuori, meno di 600.000 dentro), io esisto e voglio conoscere dove vivo.

Da qui nasce l’idea di fare 131 presentazioni, macinerò migliaia di km per conoscere la mia terra in lungo e in largo, poterò il mondo nei più piccoli comuni di una delle più piccole regioni italiane.

Questa sezione del blog che inauguro oggi sarà in continuo allestimento: creerò articoli sui 131 comuni, prima riportando le presentazioni, poi mettendo foto e info dei vari paesi. Il lavoro mi sembra abbastanza complesso e lungo, sono graditi tutti i suggerimenti o le info che vorrete darmi sui paesi.

grazie

Loredana/Idaviaggiadasola

L’IMPREVISTO

Da quando ho letto che il posto più sicuro in aereo è il corridoio, rinuncio alla vista dall’oblò. In questo viaggio, però non mi è possibile fare il check-in online perché il sistema mi dice che ho troppi voli e devo andare ogni volta al banco per registrarmi.
Sono sull’aereo che mi porta da Santiago del Cile all’isola di Pasqua, e questa volta ero riuscita ad avere un posto corridoio, ma per accontentare una coppia di anziani giapponesi che volevano stare vicini, ho ceduto al marito il mio posto, ah l’amour!
L’aereo è davvero confortevole e la vista abbastanza poetica anche se monotona, tutto sommato 5 ore sul Pacifico sono decisamente troppe; aggiungendo un bambino di 10 mesi che non ha mai smesso di piangere, e un vicino che non ha mai smesso di dormire impedendomi di andare al bagno, qualsivoglia rigurgito di romanticismo viene smorzato sul nascere.
La vista dell’oceano, però, con le nuvole che vi si specchiano induce alla riflessione.
È passato un mese dall’inizio del mio viaggio, è tempo di bilanci.
30 giorni possono essere un secolo ma anche un attimo.
Ho rivisto le interviste prima della partenza, ricordo il mio stato d’animo di allora, la paura del salto nel vuoto, la gioia per un sogno che si concretizza, l’euforia.
Quelle immagini sono lontane anni luce.
In un mese ho affrontato difficoltà pratiche, ho vissuto grandi emozioni, ho conosciuto molta gente, ho combattuto con me stessa.
Non mi manca niente dell’Italia. E mi manca tutto.
Santo cielo, un mese è volato, non voglio tornare così presto!
Ancora 4 mesi? No, non ce la posso fare!
La mia paura più grande era l’imprevisto, ed in un mese ho imparato a gestirlo, alla grande direi.
Perché quando parlavo di imprevisto immaginavo qualcuno che mi derubasse, o che la compagnia aerea mi perdesse il bagaglio, mai avrei ipotizzato l’eventualità di una comunicazione dall’altro capo del mondo in cui ti dicono che i tuoi esami non sono chiari, che non sanno se c’è qualcosa che non va, che potresti avere un cancro. O forse no.
Questo imprevisto non lo avevo considerato. Piuttosto la malaria o la dengue, o una malattia intestinale.
In un momento sento i neuroni che moltiplicano le loro connessioni, ma come cavie da laboratorio corrono sbattendo nella calotta cranica senza via di scampo alcuna.
Torno? Sì torno. E se non è niente? Perdo tutto.
Resto? Sì, continuo il viaggio. E se ho un cancro? Perdo tutto.
Ogni mattina nella mia regione incontaminata e avvelenata deliberatamente mi sveglio pensando a chi toccherà oggi. Troppa gente ho visto ammalarsi, e troppe persone morire. Perché non io, che qui ci vivo da 50 anni?
I pensieri sono milioni, e soltanto l’idea di dover affrontare un calvario già visto, facendolo sperimentare ai miei cari è impossibile da sostenere.

La sensazione di dovermi conquistare tutto con le unghie e con i denti diventa insopportabile.

Ma tant’è.
Era una sfida con me stessa e le sfide si vincono o si perdono.
Posso provare a superarla, come tutto il resto.
Il primo desiderio è chiamare in Italia per parlare in italiano con qualcuno a cui spiegare le mie emozioni: non sono sola!
Mi rialzo e cerco una buona clinica, con un buon medico per fare i miei controlli, e resto in contatto con i medici in Italia.
YOU DON’T HAVE CANCER
Il dottore è un bell’uomo e quelle parole suonano come la migliore dichiarazione d’amore di sempre.
Si riparte.
Ricomincio da qui.