E’ arrivato l’ambasciatore

Ho visto Carmelo Barbarello solo un giorno nella mia vita, una giornata estiva di quasi 40 anni fa. Di lui non ricordo nulla, della giornata tutto. Amavo il mare e a Scalea, allora, era meraviglioso, limpido e fresco, e potevi nuotare perché non era come quello di Metaponto dove ci portavano i miei che potevi camminare per un chilometro toccando sempre. A Scalea o sapevi nuotare o affogavi!

Ricordo tutto perché, nuotata a parte, fu una pessima giornata. Provate voi ad andare al mare ad agosto con una madre convinta che il sole faccia bene e che quindi non si usano creme solari: l’eritema è assicurato! Se poi aggiungete la curiosità di una stupida ragazzina che raccoglie la foglia di fico d’India (chi poteva immaginare che una sola foglia potesse contenere milioni di minuscole e invisibili spine!), il quadro di una giornata da dimenticare, consegnata alla imperitura memoria è assicurato.

Con Carmelo ho un cugino in comune, direi forse un fratello, ma questa è un’altra storia, e così dopo 40 anni il  mio cugino – fratello, che conosce bene la mia voglia di partire, mi racconta che quel bambino incontrato 40 anni fa oggi è ambasciatore in Nuova Zelanda. Lo contatto immediatamente, sperando che si ricordi di me e sperando che ci sia qualcosa da fare per me in Nuova Zelanda, ovviamente 1 non si ricorda 2 non c’è niente.

Ma ricevo la risposta più bella: “complimenti per la scelta di voler ricominciare dal posto più lontano da casa”.

Speranza

Sapere che un alto funzionario dello Stato, un alto rappresentante all’estero di quell’Italia che vive di pane e burocrazia, e da cui volevo scappare, non abbia come prima risposta :”ma che dici? ma dove vuoi andare a 47 anni suonati?”, mi fa ben sperare per il futuro della nostra amata patria, mi fa immaginare che accanto ad ottusi scribacchini con ruoli più o meno dirigenziali, esistano anche funzionari con la mente aperta che sanno guardare oltre i codicilli di cui affannosamente cercano di comprendere i significati reconditi da mettere in atto.

Ma Carmelo Barbarello è andato oltre.

E’ diventato ambasciatore senza per questo rinunciare alla sua identità. Perché non è vero che non conta quello che siamo, perché essere italiani piuttosto che russi, cacciatori piuttosto che vegani, hindi piuttosto che cattolici, omosessuali piuttosto che etero ci caratterizza eccome! E la vera uguaglianza dei diritti l’avremo raggiunta solo quando tutte le nostre diversità saranno accettate, socialmente e legalmente. Insomma Carmelo è omosessuale, e questo me lo fa amare da subito, ma a parte il mio essere frociara, come si fa a non amare un uomo che non solo non nasconde la propria identità sessuale, ma che porta avanti e vince una battaglia perché suo marito, sposato all’estero, ottenga il passaporto diplomatico, così come accade per qualunque famiglia “normale” di diplomatici italiani?

Da quel primo contatto sono passati due anni di scambi epistolari senza esserci mai visti.

Voglio ringraziare Carmelo prima che il mio viaggio finisca perché è stata la persona che mi ha appoggiata da subito e mi ha aiutata  in fase organizzativa e nei momenti difficili del viaggio. Mi ha suggerito quali Paesi evitare, mi ha cercato contatti nelle ambasciate dove ha lavorato (chi legge il blog si ricorderà, per esempio di Alicia a Buenos Aires!), mi ha dato consigli strada facendo su come comportarmi, mi ha sopportato i giorni dell’attentato a Teheran e mi ha suggerito cosa fare durante la mia malattia.

Carmelo non usa i social ma ci sentiamo su whatsap fino all’ultimo graditissimo messaggio :”ho visto i tuoi zii, li ho rassicurati e gli ho detto che sei assolutamente in grado di sapere se e quando è il caso di rientrare”

Grazie!